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La cerimonia del tè indica il processo di preparazione, presentazione e degustazione del tè praticato in forme ritualizzate di natura meditativa e religiosa: un rito sociale e spirituale, al centro della tradizione di diversi paesi asiatici. In Oriente, infatti, il tè non è il semplice consumo di una bevanda: dalla sua coltivazione, alla sua preparazione, sino al momento in cui viene versato nella tazza e degustato, questo prodotto viene trattato con cura certosina, ed è al centro di norme, codici di comportamento precisi basati su concetti e principi spirituali e meditativi. Generalmente si associa la cerimonia del tè al rito praticato in Giappone: la cerimonia del tè giapponese è infatti probabilmente la più nota, conosciuta come Cha no yu e caratterizzata da regole e stili precisi e particolarmente rigidi. In realtà la cerimonia del tè è originaria della Cina, ed è diffusa in diversi paesi dell’Asia, dove ha assunto forme rituali e culturali diverse che ne hanno fatto un momento di benessere, un’arte, una pratica estetica ma spirituale, per il raggiungimento dell’armonia.
La cerimonia del tè ha dunque origine in Cina, madrepatria della cultura del tè: le differenti varianti codificate in altri paesi asiatici, inclusa quella giapponese, sono state influenzate proprio dalla cerimonia cinese. Le prime tracce scritte riguardanti la cerimonia del tè cinese (Gong fu cha) risalgono al VIII secolo e possono essere ritrovate nel Canone del tè, o Cha Jing, una monografia sul tè scritta dal monaco Lu Yu al tempo della dinastia Tang. In questo documento storico, oltre a raccontare le origini mitologiche del tè, e a descriverne le pratiche di raccolta e lavorazione, si elencano gli strumenti necessari alla preparazione e degustazione del tè (addirittura si riporta servano 28 accessori!) e tutti gli aspetti relativi all’ebollizione dell’acqua e all’infusione.
La cerimonia del tè è dunque una pratica estremamente precisa di preparazione della bevanda, che con i secoli è stata perfezionata per ottenere il miglior gusto possibile dall’infusione, ma si è trasformata anche in una cerimonia spirituale, in cui i gesti, i rituali, gli strumenti volti alla preparazione del tè perfetto rientrano anche in un processo meditativo proprio delle pratiche zen, atto a ricavare, nel trambusto della giornata e delle preoccupazioni, un momento di contemplazione, di raggiungimento della felicità spirituale interna, di approccio alla semplicità e all’umiltà, in una cerimonia formale, simbolica e di ricerca interiore. Non è necessariamente una pratica religiosa, ma fondata sul principio zen per cui ogni cosa è preziosa e richiede dedizione ed attenzione.
Secondo diverse documentazioni, in Cina il tè era utilizzato sin dall’antichità con scopi medicinali, e giunse in Giappone solo nel X secolo, portato dai monaci buddhisti, recatisi in Cina durante il periodo della dinastia Sogn per lo studio della dottrina Zen, che scoprirono come nei templi cinesi il tè venisse impiegato come coadiuvante della meditazione. In particolare, si attribuisce l’importazione del tè e della pratica al monaco Eisai, nel periodo Kamakura. È facile infatti capire come nei monasteri buddhisti chàn, dove tutto seguiva pratiche estremamente precise e regole formali volte alla ricerca della pace interiore, anche la preparazione del tè dovesse seguire norme altrettanto rigide.
Si narra che sia stato proprio un monaco buddhista, Murata Jukō, nel ‘400, a fondare la cerimonia del tè giapponese con lo stile Wabi-cha, derivato dalla preparazione codificata del tè praticata in Cina. Lo stile Wabi-cha è caratterizzato da una forte sobrietà e dal legame con gli insegnamenti buddisti e con la dottrina del “desiderio minimo”, che secondo il buddismo porta alla completa soddisfazione attraverso la realizzazione dei piccoli desideri. Successivamente questa cerimonia fu rivisitata e ricodificata, fino a portare al Cha no yu (letteralmente: acqua calda per il tè), il rituale come riformato dal monaco zen Sen no Rikyū che permane fino ai nostri giorni.
Il legame della cerimonia del tè con il mondo dei monasteri buddisti è estremamente forte: bere tè serviva lo scopo di sostenere i monaci nelle stancanti pratiche meditative grazie al contenuto di caffeina, e allo stesso tempo a conciliare la meditazione e a raggiungere l’armonia e la pace. La cerimonia del tè è considerata una vera e propria arte, una pratica zen riconosciuta che avviene con movimenti ben precisi e canonici, proprio come una danza o una pratica sportiva.
Secondo la cerimonia del tè come codificata da Rikyū, la preparazione deve seguire quattro principi fondamentali:
Questi quattro principi avvolgono tutto il rituale, dal rapporto tra coloro che prendono parte alla cerimonia, a quello con gli accessori che servono alla preparazione, a quello con il cibo che viene consumato.
Sebbene la cerimonia del tè abbia avuto origine in Cina, fu presto esportata in Giappone, dove ha assunto forme rituali e norme codificate ben studiate, trasformandola in una delle tradizioni più caratteristiche ed estetiche della nazione, pregna di sacralità, in cui la preparazione del tè è fatta seguendo gesti, movimenti rituali molto precisi, nell’osservanza dei principi di rispetto, armonia ed immanenza, ma anche di misura e severità, che si convertono nelle rigide norme di preparazione e nell’utilizzo studiato degli oggetti.
La cerimonia del tè giapponese è chiamata Cha no yu, ovvero “acqua calda per il tè”, conosciuta anche come Chadō o Sadō, ovvero “via del tè”, ed è considerata un’arte tradizionale zen, un vero e proprio rituale che viene eseguito secondo la codifica del monaco buddhista e Murata Jukō basata sui principi di misura e sobrietà del wabi-cha, generalmente, sebbene possa essere effettuata secondo stili e forme diverse.
Questa pratica si contrapponeva fortemente ad un’altra pratica giapponese, il tōcha, che si sviluppò con la diffusione del tè in Giappone e lontano dal consumo di tè silenzioso e riflessivo veniva praticato nelle fasce aristocratiche della società: un rito sfarzoso di ostentazione della ricchezza in cui si organizzavano gare in cui chi vi partecipava doveva indovinare il luogo d’origine delle foglie del tè che si stava bevendo.
Il Cha no yu si preponeva di riportare la cerimonia del tè alle sue origini di semplicità e meditazione spirituale, sobrietà che veniva ritrovata nell’oggettistica, di richiamo contadino, nella riduzione delle dimensioni della stanza del tè e del numero di accessori necessari: rivisitato nel corso dei secoli da parte di diversi monaci buddhisti, fu Sen no Rikyū, considerato il vero fondatore e più grande maestro di tè nella storia, a codificare il cosiddetto wabicha, lo stile secondo cui oggi si svolge la cerimonia del tè, e a contribuire la diffusione della cerimonia oltre l’ambiente dei monasteri buddhisti, ai samurai e alla corte imperiale. La cerimonia del tè si rifaceva al rituale del sarei, in cui i monaci del tempio si riunivano per bere tè, in un momento di convivio volto a unire gli spiriti. Secondo la codifica del tea master, la cerimonia del tè doveva seguire la pratica zen del wabisabi, ovvero la contemplazione delle cose e l’esaltazione della bellezza delle imperfezioni e delle cose parche.
La cerimonia del tè è considerata tutt’ora la massima espressione dell’estetica zen, e viene svolta in un ambiente ben preciso, chiamato “stanza del tè”, anticamente una capanna di legno e paglia staccata dall’abitazione principale a cui si accede da una porticina bassa che richiede al partecipante di prostrarsi in segno di umiltà. La stanza del tè è uno spazio piccolo, riempito di oggetti precisi e semplici, con pochi tatami, i pannelli della pavimentazione giapponese, ed è studiata per coadiuvare gli esercizi di presenza mentale, poco illuminata grazie alle finestre schermate. In giapponese è detta chashitsu. Molto importante, all’interno della chashitsu, è un’alcova, una nicchia detta tokonoma, in cui è appeso uno scritto, un poema o una composizione adatta alla situazione e spesso volta a definire il tema della cerimonia ed una composizione floreale. Il bollitore, o kama, viene posizionato diversamente in base alla stagione: nei mesi freddi viene messo in una buca di forma quadrata, mentre in primavera ed in estate viene posto in un braciere. La stanza del tè è un luogo spirituale, arredato secondo l’estetica zen, spogliata di ricchezza e ostentazione propri della vita quotidiana, in cui tutto deve essere un unisono di eleganza, armonia e tranquillità. La stanza del tè deve essere un luogo che contribuisca a liberarsi dei pensieri giudicanti e raggiungere una sorta di ‘vuoto mentale’, ovvero una liberazione dagli attaccamenti e le preoccupazioni della vita.
Nella cerimonia del tè giapponese si utilizza prevalentemente il tè matcha, tè pregiatissimo costituito da una polvere finissima dal colore verde brillante ricavata dalla macinatura a pietra delle foglie di tè. Il tè matcha è un tè molto particolare, poiché non viene preparato in infusione, ma per sospensione, emulsionando la polvere all’acqua: il tè matcha di per sé richiede l’utilizzo di oggetti molto specifici per una preparazione ottimale: il chasen, il tipico frullino di bambù e la chawan, la tazza in cui viene preparato. Esistono due tipi di metodi di preparazione del tè matcha:
In entrambi i casi il rituale di preparazione è lo stesso, si utilizza il matcha in diverse quantità, e lo si mescola all’acqua, anch’essa in diverse quantità in base alla preparazione. Il tè matcha è un tè ricco di caffeina, notevolmente eccitante ma dall’alto contenuto di catechine che coadiuvano gli stati di rilassamento mentale.
Se siete interessati alla realizzazione di una cerimonia del tè a casa vostra, vi suggeriamo la visione del tutorial della Tea Ceremony giapponese. Su Terza Luna abbiamo una sezione dedicata al tè matcha e agli accessori per prepararlo: potrete acquistare il chasen, interi set per la preparazione del matcha e soprattutto il matcha ‘Ceremonial Grade’, il tè verde della più alta qualità, pregiatissimo, utilizzato nelle cerimonie del tè giapponesi.
La cerimonia del tè consiste nella preparazione della tazza di tè, ma si spinge oltre: segue un codice di comportamento in cui ogni fase, dalla preparazione, alla scelta del luogo, alla degustazione, richiede gesti studiati e regole precise, nonché l’utilizzo di strumenti ad hoc con nomi specifici, destinati ad azioni specifiche. Il significato di Chan no yu è sintomo di come non si tratti solo di ‘preparare’ la bevanda col fine di berla, infatti il verbo utilizzato per la preparazione è tateru, che significa ‘celebrare’, a significato di come tutti i processi che portano alla tazza di tè finale siano di importanza spirituale e di arricchimento per il corpo e per la mente.
La cerimonia del tè è un rituale sacrale, silenzioso, in cui il tè passa di mano in mano, ed è richiesta la massima attenzione ed apprezzamento: i movimenti sono studiati, le parole misurate ed attinenti a quanto si sta per provare, in cui l’aumentata formalità amplia la spiritualità del momento.
Ma come funziona la cerimonia del tè giapponese?
Gli invitati sono condotti attraverso il giardino nella stanza del tè. Devono lavare le mani, per purificare corpo e mente, ed entrare nella stanza attraverso una porticina, che impone di rannicchiarsi per passare, assicurando una dimostrazione di rispetto.
Queste fasi descrivono la cerimonia più semplice, ovvero quella del tè leggero usucha, ma la cerimonia del tè esiste in diverse varianti, assai più complesse, lunghe e scenografiche, come quella del koicha, che richiedono l’utilizzo di molti più accessori e diverse modalità di preparazione. Per questo si può anche riuscire nell’impresa di descrivere le fasi della cerimonia del tè, ma è difficile far pervenire le emozioni, i pensieri e gli stati mentali che derivano dal viverla.
Gli utensili utilizzati nella cerimonia del tè giapponese possono essere moltissimi nelle cerimonie più complesse, ma anche nella cerimonia più semplice del tè leggero è imperativo l’utilizzo di oggettistica dallo stile riconosciuto, appositamente pensata per determinate azioni. Tra questi troviamo:
Durante la cerimonia del tè si consumano generalmente dei dolci, che vengono serviti utilizzando delle specifiche bacchette di legno, e tagliati con dei coltelli appositi. Le bacchette di legno sono dette hashi. I dolci consumati sono chiamati wagashi, e sono i dolci tipici giapponesi formulati proprio per la cerimonia del tè, creati con diversi ingredienti e l’immancabile pasta di fagioli.
Se siete interessati a conoscere di più sul tema di questa particolare tradizione, sia nella cultura giapponese che negli altri paesi orientali, vi suggeriamo la lettura di un libro che esplori la storia e la pratica di questa tradizione: Lo Zen e La cerimonia del Tè di Kakuzo Okakura e La cultura del tè in Giappone e la ricerca della perfezione di Aldo Tollini, oltre che Il canone del tè. Testo cinese a fronte di Yu Lu, il pilastro per comprendere il codice del tè e la sua storia più antica.
Nonostante la complessità e l’immanenza e la spiritualità legate alla cerimonia del tè, in Giappone, ma anche in altri paesi, è possibile partecipare alle cerimonie del tè. In Giappone sono molte le sale da tè o i templi in città come Kyoto o Tokyo in cui si organizzano cerimonie del tè per gli stranieri ed i turisti, per trasmettere i valori che le guidano e condividere questo rituale sociale e culturale: naturalmente è bene conoscere le regole e le norme, per comportarsi in maniera appropriata, ma spesso le cerimonie del tè per turisti sono semplificate rispetto a quelle tradizionali, e come ospite, si viene guidati passo passo nell’esperienza. La cerimonia del tè è un incredibile esperienza, che ha il potere di donare un senso di pace e armonia e abituarci a vedere la preparazione del tè come un rito sacrale per la propria anima, di contemplazione interiore.